Ecco i 5 comportamenti che predicono un tradimento nella coppia, secondo la psicologia

Parliamoci chiaro: nessuno si sveglia la mattina pensando che il proprio partner potrebbe tradirlo. Eppure, se c’è una cosa che la ricerca psicologica ci ha insegnato negli ultimi vent’anni è che l’infedeltà raramente arriva dal nulla, come un fulmine a ciel sereno. Al contrario, esistono segnali precisi, comportamenti che si ripetono con una regolarità quasi prevedibile, che precedono il tradimento e che indicano che qualcosa nella coppia si è rotto.

Attenzione però: prima di trasformarvi in detective privati muniti di lente d’ingrandimento e taccuino, è fondamentale chiarire una cosa. La responsabilità di un tradimento è sempre e soltanto di chi tradisce. Non esistono scuse, giustificazioni o attenuanti. Nessun comportamento del partner, per quanto problematico, obbliga qualcuno a tradire. Il tradimento è una scelta individuale, punto.

Quello di cui parliamo oggi sono piuttosto segnali di vulnerabilità nella relazione, crepe nel muro che potrebbero allargarsi se ignorate. Sono campanelli d’allarme che indicano che la coppia ha bisogno di attenzione, dialogo e forse di un aiuto professionale prima che sia troppo tardi. Non si tratta di fare la guardia al partner o di sviluppare un’ansia da controllo, ma di riconoscere quando una relazione sta scivolando in una zona pericolosa.

Quando il partner diventa un perfetto sconosciuto con cui condividi il frigo

Il primo comportamento che la psicologia identifica come fortemente associato al rischio di infedeltà è quello che i ricercatori chiamano distanza emotiva progressiva. In parole povere: quando i partner smettono di condividere pensieri, emozioni, paure e progetti, e le conversazioni si riducono a questioni logistiche tipo “chi porta fuori il cane?” o “hai pagato la bolletta?”.

Secondo ricerche pubblicate su riviste scientifiche di psicologia familiare, la riduzione della condivisione emotiva e dell’intimità sia fisica che psicologica è uno dei predittori più solidi di insoddisfazione di coppia e, di conseguenza, di maggiore vulnerabilità all’infedeltà. Lo studio di Lavner e Bradbury del 2010 sul Journal of Marriage and Family ha mostrato chiaramente come il calo progressivo di intimità emotiva sia un segnale precoce di problemi seri.

Ma come si arriva a questo punto? Non dall’oggi al domani, questo è certo. È un processo lento, fatto di piccoli disinvestimenti quotidiani. Una conversazione rimandata perché “tanto non è il momento giusto”, un’emozione taciuta per evitare discussioni, un pensiero non condiviso perché “tanto non capirebbe”. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, ci si ritrova a vivere con qualcuno che conosciamo a memoria ma che in realtà è diventato un estraneo.

E qui viene il punto cruciale che molti ignorano: l’infedeltà emotiva spesso precede quella fisica. Molte persone, prima di tradire sessualmente, hanno già stabilito un legame emotivo intenso con qualcun altro. Qualcuno che li ascolta davvero, che li fa sentire visti, capiti, apprezzati. Quel bisogno di connessione che non trova più risposta nella relazione primaria viene cercato altrove, inizialmente solo sul piano emotivo, poi spesso anche su quello fisico.

La coppia che non litiga mai non è un complimento

Sembra controintuitivo, vero? Tendiamo a pensare che le coppie che litigano sempre siano quelle più a rischio, ma la realtà psicologica è più complessa. Il secondo comportamento fortemente associato al rischio di infedeltà è l’evitamento sistematico dei conflitti.

John Gottman, uno dei massimi esperti mondiali di relazioni di coppia, ha dedicato decenni di ricerca allo studio di cosa rende le coppie stabili o destinate al fallimento. Nel suo celebre studio del 1994 pubblicato nel volume “What Predicts Divorce?”, Gottman ha dimostrato che non è la presenza di conflitti a predire la fine di una relazione, ma il modo in cui questi conflitti vengono gestiti. E l’evitamento cronico è uno dei pattern più pericolosi.

Perché? Perché i problemi non affrontati non scompaiono magicamente. Si accumulano, si trasformano in risentimento, creano muri di silenzio sempre più alti. Quella che dall’esterno sembra una coppia tranquilla che “va d’accordo su tutto” potrebbe in realtà essere una coppia in cui entrambi hanno smesso di investire energia nel risolvere i problemi veri.

Le coppie sane litigano, eccome. La differenza sta nel come: usano strategie costruttive, cercano soluzioni, mantengono aperto il dialogo anche quando è difficile. Le coppie a rischio invece o evitano completamente i conflitti, vivendo in una falsa pace, oppure esplodono in modi distruttivi per poi tornare a un evitamento ancora più marcato. Quando non si affrontano le questioni difficili, il cervello inizia a percepire il partner come qualcuno che non è disponibile per i propri bisogni emotivi. E un cervello che percepisce indisponibilità fa una cosa molto umana: cerca disponibilità altrove.

Quando lo stress diventa un affare solitario

Il terzo comportamento che aumenta significativamente il rischio di infedeltà è meno ovvio ma altrettanto importante: gestire lo stress e le difficoltà in totale autonomia, senza coinvolgere il partner.

Può sembrare un segno di forza o indipendenza, ma la ricerca racconta una storia diversa. La teoria dell’attaccamento adulto ci insegna che in una coppia sana i partner funzionano da “base sicura” reciproca. Questo significa che quando uno dei due affronta un momento difficile, stress lavorativo, preoccupazioni familiari o crisi personali, l’altro diventa naturalmente il punto di riferimento per supporto e conforto.

Ma cosa succede quando questo meccanismo si inceppa? Studi come quello di Feeney e Collins del 2015 pubblicato su Personality and Social Psychology Review hanno dimostrato che quando i partner non percepiscono l’altro come una base sicura, quando non cercano o non ricevono supporto nei momenti di stress, aumenta significativamente la probabilità di cercare quel supporto altrove.

Pensateci un attimo: siete stressati per il lavoro, preoccupati per un problema familiare, state attraversando un periodo difficile. Se non ne parlate con il vostro partner ma vi confidate con un collega o un’amica che vi ascolta con attenzione e vi offre comprensione, chi pensate che il vostro cervello inizierà ad associare a sensazioni di conforto e sicurezza? La risposta è scomoda ma scientificamente fondata: quella persona esterna alla coppia.

La formazione di legami emotivi intensi in contesti di stress condiviso è un fenomeno ben documentato. Uno studio del 1998 di Laurenceau, Barrett e Pietromonaco sul Journal of Personality and Social Psychology ha mostrato come l’auto-rivelazione in momenti di vulnerabilità, unita alla percezione di essere capiti e supportati, sia uno dei meccanismi più potenti di creazione di intimità. Se questa dinamica avviene con qualcuno che non è il partner stabile, le conseguenze possono essere facilmente immaginate.

La fortezza digitale impenetrabile

Entriamo ora in un territorio più osservativo che sperimentale, ma comunque significativo: l’improvvisa segretezza digitale. Diversi studi sull’infedeltà online hanno documentato che l’uso segreto o ambiguo di dispositivi e social media è frequentemente associato a comportamenti di infedeltà emotiva o sessuale online.

Parliamo di cose concrete che molti terapeuti di coppia riportano nelle loro osservazioni cliniche: il telefono che prima rimaneva tranquillamente sul tavolo e ora viene portato ovunque, anche in bagno. Password che improvvisamente compaiono dove non c’erano. Lo schermo che viene coperto o nascosto quando il partner si avvicina. Messaggi che arrivano a orari strani e generano reazioni difensive o aggressive quando si chiede casualmente chi scrive.

Quale segnale di crisi di coppia ti preoccupa di più?
Distanza emotiva
Evitamento conflitti
Segretezza digitale
Gestione solitaria stress
Storia di infedeltà

Dal punto di vista psicologico, questi comportamenti riflettono quella che viene chiamata gestione anticipatoria della colpa: la persona sa che sta facendo qualcosa che il partner non approverebbe, anche se tecnicamente non si è ancora arrivati a un tradimento completo. Potrebbero essere conversazioni al limite, micro-infedeltà emotive online, flirt digitali che mantengono l’ambiguità e la possibilità di negare.

Va specificato con assoluta chiarezza: non stiamo dicendo che chiunque metta una password sul telefono stia tradendo. La privacy individuale esiste ed è legittima anche in una coppia. Il campanello d’allarme suona quando c’è un cambiamento improvviso e inspiegabile nelle abitudini digitali, accompagnato da reazioni sproporzionate quando il tema viene sollevato. Se una semplice domanda come “chi ti ha scritto?” genera una reazione difensiva esagerata, probabilmente c’è qualcosa che non va.

Quando la storia si ripete e i tratti personali pesano

Il quinto e ultimo fattore è forse il più scomodo da affrontare perché riguarda caratteristiche individuali più che dinamiche di coppia: la storia personale di infedeltà e alcuni tratti di personalità specifici.

Uno studio longitudinale pubblicato nel 2017 su Archives of Sexual Behavior da Knopp e colleghi ha seguito 484 adulti attraverso relazioni successive e ha rilevato un dato che fa riflettere: chi aveva tradito in una relazione precedente aveva una probabilità circa tre volte superiore di tradire anche nella relazione successiva, rispetto a chi non aveva mai tradito. Questo non significa che chi ha tradito una volta sia condannato a ripetere l’errore per sempre, ma evidenzia l’importanza di elaborare consapevolmente quei pattern comportamentali.

Per quanto riguarda i tratti di personalità, la ricerca ha identificato alcuni profili che statisticamente aumentano il rischio di infedeltà. Uno studio di Hunyady, Josephs e colleghi del 2008 pubblicato sul Journal of Research in Personality ha evidenziato come il narcisismo sessuale sia un forte predittore di infedeltà: parliamo di un’eccessiva focalizzazione sui propri bisogni sessuali, la tendenza a sentirsi speciali in ambito erotico, scarsa empatia verso il partner e propensione a sfruttare le situazioni per la gratificazione personale.

Altri fattori documentati includono quello che i ricercatori chiamano orientamento sociosessuale poco restrittivo, cioè la tendenza e l’apertura verso relazioni sessuali casuali e multiple. A questo si aggiungono l’impulsività marcata e un bisogno cronico di validazione esterna che rende difficile trovare soddisfazione in una sola relazione.

Ma qui è fondamentale fare una precisazione enorme: nessun tratto di personalità rende inevitabile il tradimento. Parliamo di probabilità statistiche, non di destini scritti nella pietra. Molte persone con questi tratti scelgono consapevolmente relazioni aperte o eticamente non monogame, oppure lavorano su se stesse in terapia per mantenere impegni monogami sani. La chiave sta nella consapevolezza, nell’onestà con se stessi e nel lavoro personale.

Cosa fare con queste informazioni senza diventare paranoici

A questo punto potreste sentirvi un po’ ansiosi, e sarebbe del tutto comprensibile. Ma facciamo un respiro profondo e mettiamo le cose in prospettiva: moltissime coppie attraversano fasi in cui uno o più di questi comportamenti sono presenti, senza che nessuno tradisca.

Le relazioni sono sistemi dinamici, con fasi di maggiore e minore vicinanza che non portano necessariamente a rotture o tradimenti. Non stiamo parlando di sentenze, ma di vulnerabilità che meritano attenzione. L’obiettivo di riconoscere questi pattern non è alimentare la paranoia o trasformare la relazione in un campo di controllo reciproco. L’obiettivo è la prevenzione: intervenire quando si riconoscono queste dinamiche, prima che la distanza diventi un abisso incolmabile.

Se vi riconoscete in uno o più di questi comportamenti, come coppia o individualmente, non è il momento di accusare o difendersi. È il momento di fermarsi e chiedersi con onestà: cosa sta succedendo nella nostra relazione? Quali bisogni non vengono soddisfatti? Cosa possiamo fare concretamente per ricostruire intimità e connessione?

A volte, riconoscere il problema è già metà della soluzione. Altre volte serve l’aiuto di un professionista. Diverse meta-analisi hanno dimostrato che la terapia di coppia strutturata può migliorare significativamente soddisfazione e stabilità relazionale. Approcci come la terapia focalizzata sulle emozioni o la terapia comportamentale di coppia hanno mostrato risultati solidi nel riparare relazioni in crisi.

Il denominatore comune di tutti questi segnali

Se guardiamo tutti questi comportamenti con un po’ di distanza, emerge un denominatore comune evidente: rappresentano tutti modi in cui la coppia smette di funzionare come sistema di supporto reciproco. L’intimità si perde, la comunicazione si inceppa, i bisogni fondamentali di attaccamento, validazione e stimolazione non trovano più risposta nella relazione primaria.

E qui sta un punto cruciale che vale la pena sottolineare: la psicologia ci insegna che l’infedeltà raramente è solo una questione di attrazione fisica verso un’altra persona. Uno studio di Atkins e colleghi del 2001 sul Journal of Family Psychology ha mostrato che tra le ragioni più frequenti ci sono l’insoddisfazione emotiva, la mancanza di attenzioni, il desiderio di novità e la sensazione di non essere più visti o apprezzati dal partner.

Questa non è una giustificazione, sia chiaro. Ma è un dato di fatto che può aiutarci a capire meglio come prevenire situazioni di rischio. Se l’infedeltà nasce spesso da vuoti emotivi e bisogni insoddisfatti, allora lavorare su quella distanza, riempire quei vuoti, ristabilire quella connessione diventa fondamentale, prima che qualcun altro lo faccia.

C’è un’ultima cosa importante da dire, e ha a che fare con il modo in cui concepiamo l’amore stesso. Tendiamo a pensare all’amore come a un sentimento che c’è o non c’è, che arriva come un fulmine o svanisce come nebbia al sole. Ma la ricerca sulle relazioni di lungo termine racconta una storia diversa. Le relazioni stabili e soddisfacenti richiedono quello che gli esperti chiamano “relationship maintenance”, cioè manutenzione attiva e consapevole.

L’amore, oltre a essere emozione, è anche scelta e impegno quotidiano: la scelta di continuare a investire nella relazione, di affrontare i momenti difficili invece di evitarli, di mantenere viva la curiosità per il proprio partner, di creare spazi di condivisione emotiva anche quando la routine sembra soffocare tutto. I comportamenti che abbiamo esplorato oggi sono segnali, non condanne. Sono opportunità per fermarsi, guardare con onestà alla propria relazione e chiedersi: stiamo costruendo insieme o ci stiamo lentamente allontanando?

Comprendere i meccanismi che portano all’infedeltà non serve a vivere nella paura o a sviluppare un’ansia da controllo permanente. Serve a vivere con maggiore consapevolezza, a riconoscere quando la propria coppia ha bisogno di attenzione, cura, dialogo. E la consapevolezza, in amore come in tutto il resto della vita, è sempre il primo passo verso qualcosa di migliore, più sano e più autentico.

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