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La lunga estate delle mamme lavoratrici

Da un articolo de Il fatto quotidiano, pubblicato il 30/08/2016 da Erika Vecchione…. quasi due anni fa, ma ancora così – ahimé – attuale.

 

“Estate: tempo di vacanze, sole e mare, relax, grigliate all’aperto, scampagnate al fresco, sagre e feste con amici. Nell’immaginario collettivo – che solo in parte si realizza per davvero – è questa la raffigurazione dei mesi del solleone. Dal ricordo ancora vivido delle estati da bambina fuoriesce una tinta di nostalgia nel mio presente dall’altra parte dello specchio. L’aria afosa padana si rivestiva dell’odore dei pomodori maturi alle prime periferie e del cemento bagnato dai nostri gavettoni. Le giornate erano scandite da ritmi molli, tenuti insieme dalle cure indulgenti dei miei nonni, a cui venivo affidata mentre i miei erano al lavoro.

L’estate è il tempo in cui pienezza, natura e vita raggiungono il picco della maturazione, la bellezza pervade. Ma per molti collima fino a confondersi con la chiusura delle scuole e l’impegno di affrontare tre mesi di salti mortali e incastri circensi. Chi può si appoggia ai nonni, chi ha solidi stipendi propende per i centri estivi, campus o colonie organizzate da parrocchie, Scout, comuni, associazioni private, etc. Tutti gli altri gestiscono l’emergenzafacendo affidamento sui pilastri della famiglia, le madri. Il perché è noto. Dopo i figli è più probabile che sia la donna a chiedere il part-time, sono quelle che lavorano più saltuariamente, e in mancanza di nonni o risorse economiche sono quelle che rinunciano al lavoro.

L’anno scorso si era acceso un dibattito sull’opportunità di accorciare le vacanze degli studenti, riempiendo parte del tempo a casa con attività e corsi formativi per non far ‘spegnere’ il cervello dei ragazzi troppo a lungo. Il problema più incombente delle mamme non sono però i figli già grandicelli, che in fondo hanno bisogno di poca sorveglianza, ma quelli che una volta chiusi i cancelli delle scuole materne ed elementari devono essere gestiti in toto tutto il giorno.

E’ più o meno di questi tempi – quando la luce tra le fitte tenebre del tunnel comincia a delinearsi, vicina seppur non ancora a portata di mano – che le mamme manifestano chiari segni di sfinimento.  Ci sono quelle che tornano dopo un mese di mare con figli e suoceri, quelle che hanno spupazzato le creature in un giro della morte targato casa–spiaggia–parco giochi– casa, quelle che “per rilassarsi” vanno mezz’ora al supermercato, quelle che hanno perso la voce a furia di strillare, quelle che hanno ripreso a fumare, quelle che parlano a bassa voce per non farsi sentire e ammettano colpevoli “non ce la faccio più”.

Perché se i figli so’ pezzi ‘e core, e tutte ma proprio tutte si butterebbero nel fuoco per loro, averceli a casa tutto il giorno tutti i giorni, è come stare su un tapis roulant che non si ferma mai. Il continuo trapestio in stereofonia, l’incessante mantra alla Vota Antonio fatto del solo “mamma”, i pianti, la temibile supplica “giochi con me?”, la noia, il caldo e le zanzare, snervano anche gli animi più nobili. E non solo gli adulti. Nonostante sia una verità difficile da digerire, anche i nostri figli si stufano di noi. E alla prima occasione di svago con un amichetto invitato a casa, fiutata la possibilità di svicolarsi dai genitori pallosi, i piccoli ritrovano la verve perduta e diventando creature perfette da pubblicità Mulino Bianco. Anche loro soffocati dalla routine che schiaccia entrambe le fazioni, vivono lo scorrere dei giorni come una convivenza forzata, arresti domiciliari con il beneplacito dello Stato.

E quando al picco del caldo, uno di loro mostra il primo, inconfutabile segno dell’epidemia in corso grattandosi la testa con foga da posseduto, alle martiri non resta che portare la croce e scendere in farmacia per un esoso kit anti-pidocchi. Sulla via del ritorno, il solito simpaticone di ritorno dal lavoro le ferma per un saluto: “Eh…beata te che sei a casa a spassartela”. Uno sguardo incerto, il dubbio tra una testata e uno sputo. Infine la ragione prevale … il vino fresco in casa come rimedio per tutti i mali.

Alle dieci di sera la quiete scende a illuminare il nido. I piccoli tornano ad essere angeli venuti da lontano, una sigaretta sul balcone col marito, chiacchiere tra adulti. Un refolo improvviso asciuga il malanimo della giornata. Il mondo sembra ancora un bel posto.
Ma è solo una tregua, nella lunga estate delle mamme.”

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